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Written by: Professione e Formazione

L’Italia è un paese a cui non interessa la formazione

2011-2012: un anno ancora più critico. Con il prossimo anno accademico sarà evidente il ridimensionamento dell’Università pubblica italiana. Si manifesteranno, infatti, gli effetti congiunti della legge 240, conosciuta come «riforma Gelmini», e del meno noto, ma tutt’altro che inefficace, decreto ministeriale n. 17, «Requisiti necessari dei corsi di studio» del 22 settembre 2010. Mentre infatti la legge 240 «abolisce» le facoltà, con riflessi negativi sulla didattica, il dm 17 contrarrà il numero degli studenti del nostro paese, già agli ultimi posti tra quelli dell’Ocse. Tutto ciò nel pieno di una crisi economica e generazionale, in presenza di un processo di precarizzazione dei giovani e in un momento storico in cui la competizione si fa più serrata, data l’economia sempre più globalizzata.
Il decreto ministeriale n. 17. Introduce il «coefficiente h» con cui definisce sostanzialmente il numero di ore che le facoltà possono offrire in rapporto al numero dei docenti. Fa dunque dipendere l’offerta formativa dagli organici esistenti delle facoltà. Lo fa in modo indifferenziato, a partire da organici storicamente sottodimensionati e ulteriormente contratti dai pensionamenti, senza considerare le eventuali distorsioni e senza porsi alcun parametro di qualità o, ancora meglio, di indirizzo: come se da anni nel nostro paese e nel mondo nulla fosse cambiato. La conseguenza è che corsi di laurea «innovativi», «giovani», come nel caso del Design ma non solo, dovranno essere disattivati o ridurre il numero degli studenti. Diverso sarebbe stato se il dm 17 e la legge 240 fossero stati accompagnati da un piano (sarebbe troppo dire strategico) che programmava l’offerta formativa e promuoveva la ricerca in funzione delle esigenze di sviluppo del paese, approntando le necessarie risorse finanziarie e umane.
Le facoltà di Architettura. Almeno stando ai dati finora disponibili, saranno colpite solo parzialmente dal dm 17, i cui effetti andranno quantificati per l’intero sistema universitario. Molte facoltà, infatti, tra cui Bari, Firenze, Venezia, Torino e Napoli, avevano già modificato l’offerta formativa negli anni accademici precedenti, sia nell’applicare la precedente legge 270, sia a causa dei tagli continui delle risorse finanziarie e del personale docente e non docente. La contrazione, comunque,  per alcune sedi, che pure avevano già in passato ridimensionato l’offerta formativa, è significativa: come nel caso ad esempio della Sapienza di Roma che, dopo aver unificato le due facoltà di Architettura, ha ridotto del 42,5% il numero programmato degli studenti per il primo anno, passando rispetto all’attuale anno accademico da 2.280 a 970; il Politecnico di Torino ha deliberato 600 accessi rispetto ai 750 dell’anno precedente (-20%), mantenendo però il corso di laurea interfacoltà in inglese, l’Università di Palermo a sua volta li ha ridotti del 14%. Queste sedi, insieme ad altre, hanno inoltre disattivato alcuni corsi di laurea e, in particolare, La Sapienza di Roma è passata da 17 a 7, le lauree magistrali nella classe Architettura di Torino sono passate da 4 a 3 e Palermo ha soppresso un corso di laurea triennale in Architettura.
Dm 17 + legge 240. Gli effetti del dm 17 vanno associati a quelli della legge 240, che deve essere applicata entro la fine dell’anno. La legge, che vorrebbe riformare l’Università contraendo le risorse, induce ad abolire le facoltà, che fino a oggi hanno avuto un ruolo importante nel programmare e gestire l’offerta formativa e su cui si identifica storicamente il sistema universitario del nostro paese. Con il fine di integrare didattica e ricerca, i corsi di studi dovranno afferire a nuove strutture, Dipartimenti (o Scuole), con la possibilità di realizzare strutture di raccordo per nulla rassicuranti in quanto a organizzazione e gestione della didattica. L’anno accademico 2011-12 si aprirà, dunque, con un numero di studenti inferiore a quello degli anni passati, in una condizione di assoluta incertezza, con la prospettiva di una fase di transizione piuttosto lunga e turbolenta e, non da ultimo, con il pericolo sempre più concreto di un impoverimento e indebolimento di un sistema universitario che, come è a tutti noto, ha un estremo bisogno di risorse finanziarie, umane e di strutture.
q Rocco Curto,

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Last modified: 10 Luglio 2015